lunedì 24 marzo 2014

"Diario d'altura" - ..il Piz Duan..


..due cose per cominciare..  due aspetti strettamente legati uno all’altro, due scoperte se vogliamo dire così, anche se si tratta di scoperte banali…

la prima è che le valanghe fanno paura, ma dire paura non chiarisce appieno quel senso di terrore, di sentirsi innegabilmente nel posto sbagliato e nel momento peggiore, quella furia che ti prende dentro e che fa scattare i nervi, aguzzare i sensi, che rende istintivi, come gli animali. E di qui la seconda cosa, come se fosse una conseguenza scontata, anche se così non è per nulla: sono contento di essere vivo, nonostante tutto. È molto più difficile spiegare questo secondo punto anche se sembra l’aspetto più evidente della vita umana, quella di voler mantenere se stessa. E invece così non è, non è mai semplice spiegare perché una persona non voglia morire, non lo è perché bisognerebbe prendere i giorni vissuti, uno per uno, e metterli su un piatto della bilancia e sull’altro metterci tutte le speranze (se ci sono) racchiuse nel mistero dei giorni che ancora dovranno venire. Come fai a pesare una speranza? Come fai a dire che qualcosa che non eistste sarà migliore di qualcosa che è esistito, che conosci bene e che non ti piace per nulla? Non credo si possa, davvero, ma credo di aver capito oggi che voglio provare a vedere come va a finire. E l’ho capito grazie alla Montagna e a causa del boato che segue il distacco di tonnellate di neve da una parte rocciosa e a causa di quell’attesa snervante che separa il sogno di un domani migliore da una fine senza possibilità di replica.
 

 
Tutto questo è accaduto al Piz Duan, montagna che dimostra una certa maestosità pur essendo lontana dai grandi palcoscenici delle Alpi e che si presta a farsi conoscere solo da coloro che sono davvero pronti a farlo. Nella migliore delle ipotesi, raggiungerlo significa infatti essere disposti ad affrontare 17,5km di camminata per 1730m di dislivello in sola salita. Non è esattamente uno scherzo e a maggior ragione non lo è in inverno, quando la neve modifica i paesaggi e rende instabili e difficili alcuni passi. E certamente non lo era oggi, uno scherzo intendo, viste le alte temperature che certamente promettevano (e noi lo sapevamo) un rientro difficoltoso su neve smollata, sotto l’occhio malvagio di pareti a picco e ripidi pendii carichi di neve e soleggiati dal primo mattino e per tutto il pomeriggio. Ma andare in montagna significa soprattutto assumersi dei rischi e noi, Luca ed io, abbiamo deciso oggi di farlo.


Con il Piz Duan io avevo un conto aperto. L’avevo corteggiato ad inizio Novembre, in solitaria, quando l’inverno non era ancora arrivato, ma il freddo e la neve sì. Avevo deciso di tentarne l’avvicinamento, anche se tutti voi sapete che per me non eiste il tentativo fine a se stesso. Per me, già allora, esisteva solo la vetta. Ero lì per mettercela tutta. Ovviamente però non potevo riuscirci: la neve fresca, il vento forte, le giornate corte, il grande dislivello… non sono cose che si possono improvvisare, le salite in queste condizioni. Avevo comunque fatto la mia parte egregiamente arrivando a quota 2700m… considerate che si parte dai 1450m del paesino di Casaccia, in Val Bregaglia. M’ero fermato poco prima di salire verso il ghiacciaio che mi avrebbe consegnato alla parte alta dell’itinerario e a quella vetta che inesorabilmente era rimasta invece 430m troppo in alto, invisibile.
 

Era quindi ovvio che ci avrei riprovato. Sapevo di dover aspettare neve migliore. Nel frattempo ho conosciuto Luca con cui ho condiviso un paio di uscite e con lui ci siamo accordati: lo proviamo verso Marzo! Così, quando una decina di giorni fa sui siti specializzati hanno iniziato a vedersi i primi report che raccontavano la salita a quella cima, l’organizzazione è scattata al volo: si va in infrasettimanale, ci prendiamo un giorno di ferie.


Quello che allora non ptevamo sapere, era che questo finale d’inverno sarebbe svanito tra le braccia della primavera. Ma la decisione era presa, non si poteva rimandare a tempi migliori ;-)


 
 
E così ci ritroviamo ai blocchi di partenza alle 6:45. La giornata promette molto sole, pure troppo, eppure appena scendiamo dalla macchina siamo sorpresi dal maledettissimo vento. Ok, ci si prepara in tutta fretta dentro l’auto J Per fortuna il vento cessa appena ci inoltriamo nel bosco che contraddistingue la parte bassa dell’itinerario. Arrivando dalla strada avevamo visto il fianco della montagna solcato da diverse slavine: “Ma noi dobbiamo passare proprio là sotto?”, mi aveva chiesto Luca. Eh già, proprio là sotto… per fortuna quando si vede un pendio solcato dalle slavine, vuol dire normalmente che quello stesso pendio ha già scaricato ciò che aveva in eccesso. Di solito significa che non ci saranno sorprese. La sorpresa è stata invece quella di vedere l’enormità di quelle slavine, davvero impressionanti in alcuni casi, tanto da rendere difficoltoso anche il semplice attraversamento. Ulteriore sorpresa, negativa questa volta, è stato invece il vedere che un paio di pendii molto ripidi che noi dovevamo attraversare, non avevano scaricato nulla e a picco sulle nostre teste si potevano vedere chiaramente le crepe spaventose nel manto nevoso. “Questi pendii produrranno qualcosa di brutto”, ci siamo detti, “Oggi pomeriggio al ritorno, dobbiamo attraversare di corsa”.
Il posto sbagliato e il momento sbagliato non avrebbero dovuto incontrarsi, non oggi almeno, e non lì.
 

Nel frattempo proseguiamo abbastanza veloci… siamo sulla piana della lunghissima Val Maroz. Un posto favoloso, oso solo immaginare quanto diventi bello in estate! Oggi però più che bello era spaventoso: tutto il lato destro (in salita) della valle non era più bianco, era una successione di slavine, alcune piccole, alcune mostruose… alcune, le peggiori in assoluto, pronte a staccarsi all’arrivo del caldo pomeridiano.

 
Attraversiamo quindi alcune valanghe con un po’ di fatica, una in particolare mi lascia dentro una strana inquietudine: era la più grande che avessi mai visto, è venuto giù un intero pendio per più di cento metri, con un fronte di una decina di metri, arrivando a tuffarsi nel torrente che scorre nel mezzo della valle. Ma la cosa impressionante era l’odore di terra. Terra fresca. Come se tutto fosse crollato al massimo 24 ore prima. E poi la sua conformazione… la slavina ha scavato come una strada a due corsie, davvero… lo vedrete nelle foto. E l’ha circondata di muri alti tre metri, come a voler proteggere e ingigantire il suo cuore spaventoso. Rimaniamo entrambi impressionati e non credo saremo mai capaci di spiegare cosa ci frulla dentro mentre proseguiamo, finalmente in vista dei primi ripidi pendii di salita.
 

 


Quando si inizia a fare sul serio, la fatica cancella tutti i cattivi pensieri. Si pensa solo a salire e si cerca di farlo il più velocemente possibile, nel limite delle proprie forze, considerando che il bello sta iniziando solo ora. Incontriamo altre tre persone, tutte dirette al Duan… Tre scialpinisti italiani. Incredibilmente arriveremo in vetta con solo uno di loro, distaccando gli altri due. Non l’avrei creduto possible!
 

La salita risulta faticosa ma molto bella. Dopo il primo canalone, la Val Maroz si getta nella Val da la Duana ed è uno spettacolo per gli occhi. Ma il bello viene dopo, quando si arriva nei pressi del piccolo ghiacciaio del Piz Duan. È un ambiente grandioso, davvero, sono felice di esserci dentro e di sentirmi bene, in forze. La fatica di sabato sembra già riassorbita. E così dopo circa 5h30m siamo in cima. L’obiettivo è raggiunto, il conto è chiuso! Ora ci si può godere il panorama che lascia senza parole, supera in bellezza quello ammirato sabato dal vicino Gletscherhorn.
 

In vetta ci tratteniamo circa mezzora, quindi riscendiamo sul ghiacciaio per mangiare. Lì il caldo è tanto, la neve riflette il sole e ci si sente bruciare. Sappiamo di non dover perdere troppo tempo, la discesa è lunga e sarà probabilmente rallentata dalla qualità della neve. Non vogliamo arrivare troppo tardi all’appuntamento con la minacciosa parete della Val Maroz.
 

Spiegare adesso cos’abbia significato sentirsi addosso il peso psicologico di quella serie infinita di scariche nevose è impossibile. Ne ho contate 6 o 7 credo, alcune piccole, quasi tutte a dire il vero, e piuttosto lontane, anche se pure di queste il suono prodotto lo ricorderò per molto tempo.
 

Ma ce n’è stata una… una più grossa… è stata preceduta da un gran frastuono, si è subito capito che sarebbe stata diversa dalle altre, più grande, sicuramente letale se ci avesse preso. Ci siamo pietrificati, guardati attorno come animali che sentono il pericolo e l’abbiamo vista: proprio di fronte a noi, forse lontana una decina di metri, non di più. Non posso non pensare che se ci fossimo trattenuti in vetta 10 minuti di meno o se avessimo mangiato più in fretta o se la neve fosse stata migliore e la discesa più veloce, le saremmo stati proprio sotto. E difficilmente ce la saremmo cavata a quel punto.
 

Dopo quella slavina, il clima è cambiato. Abbiamo cercato di fare in fretta, ci siamo spostati dall’altra parte del torrente dove non c’erano tracce, ma poco importa, volevamo stare il più lontano possibile da quel tremendo versante. Non abbiamo potuto tirare il fiato nemmeno quando siamo rientrati nella parte boschiva. Lì ci aspettava il pendio da attraversare, quello notato la mattina in salita. Praticamente l’abbiamo affrontato di corsa, coi piedi doloranti dentro le ciaspole, ma non importa. E nonostante tutto, la valle ha voluto regalarmi un’ultima paura: proprio mentre stavo per iniziare l’attraversamento pericoloso, si è sentito un altro frastuono orribile, un’altra grande valanga. Ma in montagna, si sa, i suoni rimbalzano. E nella mia mente, quel rumore orrendo che proveniva dalle mie spalle, stava invece arrivando proprio da sopra la mia testa. Per un attimo ne sono stato certo.
 

Sono scattato all’indietro. O per meglio dire, i muscoli sono scattati in autonomia, per puro istinto di sopravvivenza. Come un animale volevo restare vivo, ma se veramente il rumore fosse arrivato da sopra la mia testa, come pensavo, ora non lo sarei più.
 

È stata certamente la migliore occasione in cui io abbia sbagliato valutazione…





by RobilPinza

1 commento:

Anonimo ha detto...

figo!