Da vero uomo di legge Luke (questo è il suo nome d'arte) ha cominciato la giornata annotando cantine, annate, indirizzi e altri dati sensibili. Ma poi, per fortuna, si è innamorato.
Cosa la quiete e l'uggio delle
Langhe, al frastuono ed alle luci di una grande manifestazione
internazionale?
Cosa un'emozione personalissima,
che ti tocca il cuore, al business sfrenato di chi acquista intere annate dei
più prestigiosi vini, per farne una fredda speculazione finanziaria?
La risposta risiede nel Barolo
“Vigna Cappella di S. Stefano”, dell'Azienda Agricola Podere Rocche dei Manzoni, annata 2009, che ho
avuto l'onore e la fortuna di assaggiare, in compagnia di cinque amici, alle
ore 12 circa, il 6 aprile 2014, durante l'ultima edizione del Vinitaly.
Questa prestigiosa manifestazione
internazionale è giunta alla 48esima edizione. Un paio di numeri relativi alla
scorsa edizione sono sufficienti a dare l'idea dell'importanza che ha assunto
nel panorama enogastronomico italiano ed internazionale: 89.163 metri quadri di
superficie, 4.101 espositori, 148.038 visitatori, di cui 52.979 stranieri!
In concreto, si tratta di un
evento durante il quale gli addetti ai lavori concludono grossi affari legati
alla compravendita del vino (soprattutto italiano), molti appassionati
degustano vini prodotti dalle cantine più importanti (e magari anche poco
accessibili), o da quelle più piccole e ricercate (magari più difficili dal
reperire sul mercato).
Poi ci sono una serie di giovani,
più o meno cialtroni e incompetenti, che approfittano di qualche accredito per
darsi all'alcol di qualità e anche, ahinoi!, di quantità.
Quanto a noi, io e i miei 5
compagni di viaggio, ci collochiamo in mezzo alle ultime due categorie
sopra-enunciate. Avevamo un solo accredito ed abbiamo acquistato su ebay una
altro biglietto. Per il resto abbiamo deciso di investire i 45 euro
dell'ingresso perchè vorremmo affinare sempre di più il nostro palato e
conoscere sempre di più il magico mondo dell'enologia.
Come comprensibile, all'interno
di un così vasto panorama, è facilissimo perdersi, soprattutto per i “più o
meno cialtroni” come noi!
E allora scatta la corsa agli
stand più noti, ma anche più affollati, si rispolverano i consigli di qualche
amico o parente, si va alla caccia di etichette sentite nominare, ma mai
assaggiate... Affascinante, senz'altro, ma troppo caotico, casuale,
raffazzonato, posticcio.
I sapori ed i profumi si
mischiano, le informazioni ed i volantini si confondono, le emozioni restano
come bloccate.
tratto da www.barolobig.com |
Finchè, passeggiando per il
padiglione del Piemonte, diretti verso lo stand di “La Spinetta”, vedo con la
coda dell'occhio un logo che mi torna familiare.
Familiare perchè l'ho visto (non
molte volte, per il vero) sulla tavola della mia famiglia negli scorsi Natali e
Pasque.
A posteriori, sono sempre più
grato a mio zio Antonio per la passione che mi ha saputo trasmettere
(oltre che
per gli investimenti economici che deve aver sostenuto).
Riappaiono alla mente una serie
di nomi che associo a quelle tavole imbandite: “Valentino”, “Big'd'big”,
“Angelica”, “Cappella Santo Stefano”...
Si tratta dei grandissimi vini
della cantina Rocche dei Manzoni!
Lo stand è piccolo e riservato,
chiuso su quattro lati da alte pareti, molto elegante ed in posizione centrale.
Non c'è alcuna degustazione “in
piedi”, forse per quello la quasi totalità degli avventori passa oltre.
Io mi affaccio al piccolo uscio e
vedo che, su 4 tavoli disponibili, 3 sono già occupati da signori distinti, per
lo più stranieri, che, subito dopo l'assaggio, sputano il vino dentro
l'apposito contenitore posto in mezzo al tavolo, poi si prodigano in sussurri
ed in cenni di approvazioni che condividono con gli altri commensali.
immagine a scopo illustrativo |
Mi giro verso i miei soci... Uno
stava mangiando da un tappleware, con le mani, della frittata portata da
casa, altri due si stavano facendo un selfie vicino ad un altro stand,
tutti eravamo vestiti come in una gita scolastica del liceo...
Ributto l'occhio all'interno,
quasi per salutare malinconico quel sogno che era iniziato nella mia mente,
prima di abbassare lo sguardo e tirare dritto, trasportato dalla fiumana di
gente che imperversava.
Poi, l'epifania: uno dei titolari
dello stand, vestito di tutto punto, abbandona, proprio in quell'istante, i
danarosi ospiti e si rivolge direttamente a me, quasi avesse letto tutto quanto
dai miei occhi.
“Prego,
accomodatevi!”, mi dice con garbo e cortesia. “Ma... dice a noi? Ehm...
Siamo in sei...”. “Certo, venite!”.
Ci accomodiamo e tutto il
frastuono sembra d'improvviso sedarsi.
Richiamo anche un mio compagno
che mi parla ad alta voce... Inconsciamente mi sembra quasi di essere in
chiesa; si crea un'atmosfera felice, ma rispettosa!
Sì... una cattedrale! Ecco un
altro flash che viene dai racconti di mio zio: la cantina di Monforte d'Alba di
Rocche dei Manzoni è posta in uno splendido palazzo con marmi e affreschi, che
pare proprio una cattedrale!
E qui inizia una sorta di estasi
mistica...
Il gentile signore ci guida nella
degustazione di due annate del loro barolo “base” (che di base non ha proprio
nulla!) 2009 e 2010.
Poi si passa alla cru
“Big'd'Big”, il loro “barolo più maschio” (se ben ricordo, del 2010)!
E infine (pensavo io), ci fa
assaggiare la cru “Vigna Cappella Santo Stefano”, annata 2009.
Orbene, non sono per nulla capace
di farvi una descrizione organolettica, quindi mi limito a dire che erano tutti
vini eccellenti, anche se quest'ultimo mi ha trasmesso un'emozione particolare.
Forse perchè il maitre ci
ha fatto sognare; ci ha mostrato la foto del catalogo che raffigura proprio la
vigna, con la cappella sulla vetta della collina.
Poi ci ha raccontato che è una
vigna straordinaria, che produce un vino ottimo ogni annata, nessuna esclusa!
Che è conosciuta da tutti, in
quel di Monforte, perchè era la vigna un tempo appartenuta al parroco e
produceva un vino talmente buono, che i produttori della zona, per qualificare
il loro prodotto, si chiedevano l'un l'altro se fosse venuto meglio o peggio di
“quello del parroco”!
Da ormai diversi anni, la vigna è
stata acquistata da Rocche dei Manzoni, che se ne prende cura, coltivandone la
sua più prestigiosa cru!
Poi il buon uomo ci ha stupiti
ancora, facendoci assaggiare anche una “riserva 7 anni” con una produzione di
sole 8.000 bottiglie all'anno (e pensare che una l'ha aperta per noi...). E
anche qui un'altra storia del tutto particolare.
una delle cantine in loc. Manzoni Soprani a Monforte d'Alba |
Ancora non era finita: ha voluto
farci assaggiare lo spumante: “Valentino Brut Zero”, dal nome del fondatore
della cantina, Valentino Migliorini; un vino eccezionale che matura sui propri
lieviti per oltre 5 anni e poi affina in bottiglia per almeno altri 12-18 mesi.
L'ultima annata prodotta è il 2004, quella che abbiamo assaggiato. Molte annate
non vengono nemmeno imbottigliate, se non è al top.
E da ultimo siamo arrivati
all'”Angelica”, uno chardonnay che ci è stato così descritto: “un rosso
vestito di bianco”. Era vero. Forse il miglior chardonnay che abbia mai
bevuto.
Ma tutto ormai sembrava accadere
in un mondo a parte! Il linguaggio era spirituale, emotivo.
La folla, la fiera, le luci degli
stand, le contrattazioni milionarie non avevano più alcun posto dentro di me,
nemmeno mi accorgevo più della mia carenza di competenze organolettiche, o mi facevo
confondere dal miscuglio di informazioni, profumi e sapori...
Tutto si era, come d'incanto
fermato, per quei 20 minuti, e tutto quanto era condensato in questa
esperienza, ed in particolare proprio nel “Vigna Cappella Santo Stefano”.
Reductio ad unum, appunto.
Ora, a un giorno di distanza,
penso che queste emozioni siano la prova che il vino (quello di un certo
livello) è vivo e sa trasmettere emozioni vere!
E mi piace pensare che sia questa
la vera motivazione alla base di quei 150.000 visitatori, di quelle 4000
cantine, dei milioni di euro investiti: anche loro, ognuno di loro, si è
innamorato di qualche vino, di una specifica bottiglia, in uno specifico luogo,
in uno specifico momento.
L. P. Acco
La Vigna Cappella a Santo Stefano |
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